22/03/2013

Il “San Francesco dell’Islam”



La figura del musulmano Rumi Galal al-Din (1207- 1273), nato a Balh, nell’attuale Afganistan, è sempre più spesso paragonata a quella di San Francesco. Quando l’assisiate morì, questo suo fratello orientale aveva diciannove anni. Erano dunque contemporanei e non sono pochi quelli che sostengono che avrebbero potuto anche incontrarsi. Nel 1216 Rumi fu a Damietta, ripartendo subito per la Turchia; San Francesco vi fu tre anni dopo, nel 1219. Sempre nel 1216 – secondo G. Mandel, ilKhalyfa della Confraternita dei Sufi Jerrahi-Halveti in Italia – Rumi parlò con il grande mistico teologo musulmano Îbn âl Arabî e tre anni dopo anche San Francesco, quando si recò in visita dal sultano Melek el-Kamel, incontrandosi con i maestri del misticismo islamico. Secondo alcuni ci fu addirittura un carteggio tra Rumi e San Francesco, ma è solo una leggenda.
Cosa hanno in comune San Francesco, il santo più amato dagli italiani e Rumi, il musulmano noto anche col nome di Mawlana , “nostro maestro”? All’inizio della sua conversione, San Francesco compie l’incontro decisivo con il lebbroso, mediante il quale cambia il mondo delle sue relazioni. Anche Rumi ebbe un’esperienza che lo trasformò in un poeta mistico, senza riuscire a comprendere questo cambiamento. Incontrò un folle di Dio, il derviscio itinerante Šams al-Din (“sole della religione”) e, stando alle fonti, i due mistici trascorsero insieme intere settimane senza mangiare e bere, e senza sperimentare alcun bisogno fisico. Una “pazzia” di cui San Francesco potrebbe raccontarci qualcosa. Rumi e Šams la vissero in due. Entrambi furono luminosi poeti mistici e numerosi sono i punti di contatto per ciò che riguarda la loro visione del divino. Il Cantico delle creature di San Francesco è un esempio altamente poetico e artistico di una visione simbolica e mistica del mondo, l’espressione diretta e immediata della lode a Dio, attraverso la mediazione della realtà creaturale.
La lode è possibile nella misura in cui l’uomo avanza nell’atmosfera amorosa di Dio e si lascia illuminare dalla verità di Dio, che gli permette di guardare con incanto la realtà nel largo e arioso respiro del vissuto e dell’immediato. Le opere persiane di Mawlana sono considerate il frutto più eloquente del pensiero mistico islamico, e il suo poema mistico, il Matnavi, è stato definito anche come “l’enciclopedia metrica del sufismo”. L’argomento dei suoi scritti è sempre l’amore, il vero potere dinamico della vita. L’unione con Dio nasce dall’esperienza d’amore, poiché colui che ama crede che tutto ciò che egli vede, sente e prova miri all’Amato. Questa relazione amorosa è espressa anche nella preghiera, chiamata da Rumi “il linguaggio dell’anima”. La preghiera di un povero pastore che offre al suo amato Dio di “spazzare la sua piccola stanza, pettinare i suoi capelli, raccogliere i suoi pidocchi, portargli un poco di latte” è più gradita a Dio di dotte parole pronunciate senza sentimento o con orgoglio, poiché è espressione di un amore sincero.
Esistono senza dubbio tante altre affinità ma ne riportiamo solo altre due. Il Santo di Assisi aveva predicato agli uccelli e parlato con il lupo di Gubbio; il mistico Rumi avrebbe predicato alle rane di uno stagno e ai cani, animali maledetti per eccellenza nella tradizione islamica. Infine, San Francesco fonda l’ordine dei frati minori; la scuola di Rumi si trasforma in una confraternita sufi oppure dei dervisci ruotanti, celebri per la figura di danza in tondo da loro praticata. La Confraternita ancora oggi ha sede presso la tomba di Rumi , nella città turca Konya. Il decesso di Rumi fu pianto non solo dai musulmani, ma anche da molti cristiani ed ebrei di Konya, dal momento che aveva avuto molte relazioni d’amicizia tra i membri di queste comunità.
Rumi Galal al-Din e San Francesco d’Assisi, due persone impegnate in un dialogo aperto a Dio e agli uomini. Due storie simili, in due spazi lontani e diversi. Attraverso la loro vita dialogano tra di loro ed insegnano anche a noi a dialogare, nella nostra continua ricerca di Dio e dell’uomo. Come non riportare le parole di San Francesco che dice: “È grande vergogna che i santi abbiano compiuto queste opere e noi vogliamo ricevere la gloria e l’onore con il semplice raccontarle?”.

Fonte: http://www.sanfrancescopatronoditalia.it/articolo.php?id_articolo=1197#.UUxa3kyR_Z-

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